martedì 16 ottobre 2012

ODIO GLI INDIFFERENTI


ODIO GLI INDIFFERENTI

di Antonio Gramsci

 

L’indifferenza è il peso morto della storia.

E’ la palla di piombo per il novatore, è

la materia inerte in cui affogano spesso

gli entusiasmi più splenditi, è la palude

che recinge la vecchia città, e la difende

meglio delle mura più salde, meglio dei

petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce

 nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li

decima e li scora e qualche volta li fa

desistere dall’impresa eroica
 

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza  è abulica, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

   L’indifferenza è il peso morto della storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa;  e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

  Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specificamente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

  Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non partecipa, odio gli indifferenti”

 

La Città futura pp, 1, numero unico pubblicato l’11 febbraio 1917

venerdì 2 marzo 2012

IL PROFETISMO





   
Tutte le grandi religioni dell’antichità hanno avuto uomini che si interrogavano sulla volontà di Dio, per ricevere indicazioni sulla via da seguire, e parlavano a nome della loro divinità. Il profetismo in particolare è stato conosciuto e praticato non solo in Israele, ma  presso tutti i popoli del vicino Medio Oriente.
Questo si deduce dai testi che ci sono pervenuti dall'antico Egitto, dalla Mesopotamia, ed in particolare dall'archivio reale della città di Mari, l’odierna Tell Hariri (XVIII secolo a.e.v., in alta Mesopotamia, al confine della Siria con l'Iraq attuali), dove nel 1933 sono venute alla luce circa 20.000 tavolette di cui moltissime trattano di oracoli profetici. I testi delle tavolette sono scritti in lingua accadica con parti in un dialetto semitico del nord-ovest della Siria.  Questa importante scoperta, per gli studiosi, è servita ad illustrare la profezia extrabiblica. Quanto alla profezia di Israele, oltre ai testi biblici  se ne ha notizia da alcuni frammenti di  vasellame (óstraka), rinvenuti nel 1930 nel sito di Tel ed-Duweir (Lachish), dove sono  menzionati i profeti Osea (Hoshaiah), Geremia (Yirmeyahu) e compare il termine ebraico navi per indicare il profeta.[1] Un’altra grande testimonianza extrabiblica, venne dalla scoperta fatta  nel 1967 a Deir‘Alla in Giordania a nord del fiume Iabbok, durante gli scavi di un grande  santuario risalente all’età del bronzo, di un’iscrizione ad inchiostro in aramaico - cananeo, che è stata datata all’ottavo secolo a.e.v., dove viene menzionato Balaam figlio di Beor (cfr Nm 22 – 24) e  si leggono  i termini Shaddaj e Elohim.[2] Le testimonianze archeologiche, come quelle di Mari, ci dicono che questo fenomeno era ben conosciuto già prima della metà del secondo millennio a.e.v.. Rispetto al profetismo di altre civiltà, la differenza sostanziale di quello biblico sta nella sua ampiezza, nella fede in JHWH, Dio Uno, autore di tutto il creato e Signore della Storia, che ha scelto e deciso di guidare il suo Popolo. Un'altra differenza di rilievo sta nel richiamarsi sempre all'esperienza dell'Alleanza, di cui tutti i profeti hanno dato testimonianza come paradigma delle relazioni tra Dio e il suo Popolo. Esistono però anche fra la profezia in Israele e quella della città di Mari e della Mesopotamia (come vedremo più avanti confrontando le due tradizioni) notevoli somiglianze, sia sul piano formale sia strutturale. Infatti, il grande biblista ed esegeta tedesco Martin North[3] considera le profezie di Mari, sia i profeti che il contenuto dei loro oracoli appartenenti alla preistoria della profezia biblica. Anche per il mondo islamico è stato importante il fenomeno della profezia, realizzatosi oltre mille anni dopo quello biblico. Maometto, come Mosè, è stato ritenuto il fondatore della religione, il legislatore, lo statista, il condottiero, il profeta. Ma non l’unico profeta, bensì uno di tanti personaggi biblici come leggiamo: “E rammenta quando stringemmo il Patto con i Profeti, con te con Noè, con Abramo, con Mosè, con Gesù figlio di Maria, stringemmo con loro un patto solenne, affinché Iddio possa chieder conto ai sinceri della loro sincerità; e ai Negatori ha preparato castigo cocente” [4] Il Corano in altri passi riconosce la qualifica di Profeta a  anche ad Adamo, Enoc, Ismaele, Isacco, Lot, Giacobbe, Giuseppe, Aronne, Elia e a molti altri. Di questi  Maometto è stato l’ultimo inviato e gli viene attribuito pertanto il titolo di “Suggello dei profetiKhatim al - nabiyyin, come leggiamo nel Corano: “ Mahammad non è padre di nessuno fra  i vostri uomini, bensì è il Messaggero di Dio e il Suggello dei profeti” [5] C’è da notare che non sono menzionati tutti quelli che la tradizione biblica cita come Profeti scrittori. La tradizione islamica  per ribadire che l’avvento del profeta Mahammad era stato annunciato già dalla Bibbia, fa una lettura tipologica di alcuni passi veterotestamentari, in Dt 18,18ss: “io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quando io gli comanderò”, identifica ne “i fratelli loro” (= degli ebrei) il ramo di Ismaele, con riferimento al passo di Gen 21 che parla dei due figli di Abramo, Isacco e Ismaele suo fratello: dunque il profeta è tratto non dagli ebrei ma dagli ismaeliti. Inoltre nella profezia di Is 42,1ss sul servo di Dio, l’eletto che stabilirà la legge, interpreta che il profeta uscirà da Kedar ovvero dalla discendenza di Ismaele (secondo Gen 25,13 Kedar è il secondogenito di Ismaele), e che questo profeta parlerà una lingua nuova, collegando questo passo a Is 28,11: “ Con labbra balbettanti e lingua straniera parlerà a questo popolo”.[6] La profezia islamica, non ci sono dubbi, ha ricevuto un forte condizionamento da quella biblica, visti i contatti che Maometto ha avuto con ebrei e cristiani.
A Mari gli oracoli o le comunicazioni delle varie divinità (Abba, Addu, Annutinum, Asumum, Belet-biri, Belet-ekallim, Dagam, Diritum, Ea, Estar (Istar), Hanat, Hisamitum, Ikrub (Iakrub), El, Istaram, Itur, Mer, Nergal, Narum (Fiume), Ninnhursanga, Samas) erano indirizzati sempre al re Zimrilim (ultimo re della città 1730 - 1697 a.e.v. circa)[7].
In Israele JHWH  si rivolge sempre al re o al popolo.
L'uomo antico del vicino Medio Oriente, per conoscere la volontà di Dio, usava diverse tecniche divinatorie, come gli oracoli divini, la magia, la oniromanzia[8]  e la necromanzia[9], tutte conosciute anche dalla Bibbia. Quanto ai sogni, essi erano considerati dagli antichi come premonitori della realtà. La loro interpretazione era tenuta in grande considerazione in Egitto e a Babilonia, ove era venerata una dea dei sogni; anche il mondo ellenico ci ha tramandato testimonianze sui sogni inviati dalle varie divinità. A Babilonia i sogni erano considerati espressione della natura diabolica e si suggeriva di inciderne il resoconto su una tavoletta di argilla fresca e di metterla a sciogliere nell'acqua, così che anche il sogno si dissolvesse. In Israele si riteneva che i sogni venissero direttamente da Dio, che attraverso di loro manifestava la sua volontà; per questa ragione i sogni assumevano un valore profetico, e a causa della loro origine sacra venne condannata ogni oniromanzia laica. L'oniromanzia fu la sola arte divinatoria ammessa dall'Islam. Lo scrittore arabo Al Mas’adi (871 / 957 E.v.), sostiene che il sogno è “ la preoccupazione dell’anima”, mentre per il Profeta Mahammad, i sogni sono “ una conversazione fra l’uomo e il suo Dio” [10]. A tal fine presso questi popoli sono sorti gli interpreti dei sogni. Conosciamo i baru a Babilonia e i magi in Persia; nella Bibbia il più importante interprete di sogni è Giuseppe, che interpreta il sogno del faraone. La negromanzia è una forma di divinazione per cui si evocano le anime dei morti, per consultarle; questa tecnica era praticata sin dall'antichità sia a Babilonia sia presso gli Ebrei, sia presso i Greci, i quali sin dall'antichità conoscevano <il rito negromantico di Tiresia[11], la Profezia di Tiresia>, come apprendiamo dal capitolo XI dell'Odissea. Presso i popoli del Medio Oriente oltre alle tecniche sopra descritte erano conosciute altre esperienze profetiche: quella dei profeti mesopotamici e quella degli estatici Siro - fenici.
In Mesopotamia erano conosciuti:
·       Il barum[12], cioè il veggente, collaboratore del profeta, incaricato di verificare l'autenticità di certi sogni divini. Non è un profeta, ma la sua funzione è quella di indovino, di divinatore; vive e lavora presso il tempio; nella Bibbia il più noto è Balaam, (cfr Nm 22,24);
·       Il muhhum o estatico dotato di visione, che usava la tecnica dell'estasi[13].
Dallo studio della letteratura profetica di Mari si è appreso che la profezia poteva essere provocata o indotta dall'uso di bevande inebrianti, senza per questo essere considerata una mistificazione[14]. Tale pratica era conosciuta ed in uso anche in Israele, poi venne combattuta (come apprendiamo leggendo Is 28,7; e Mi 2,11). In Siria – Fenicia - Canaan si ha qualcosa che sembra simile ma è invece profondamente diverso, con l'introduzione della musica e l'uso di strumenti musicali. La Bibbia ci descrive  la presenza di questi profeti convulsionari  in alcuni testi, specialmente nel ciclo di Elia (cfr 1Re 18,20 - 40) e in Isaia (cfr Is 28,7 - 8). Inoltre, dalla Bibbia apprendiamo che il popolo ebraico utilizzava anche altre tecniche divinatorie come la consultazione dei terafim, cioè di idoli domestici, forse statuette molto piccole alle quali si chiedevano responsi (come si deduce da Gn 31,19 - 34-35; 1Sam 18,13; Ez 21,26;Zc10,2).
Urim e tummim sono termini dal significato molto incerto, indicano una pratica divinatoria che si riferisce alle 21 lettere dell'alfabeto ebraico, che, estratte a sorte dall'efod, costituivano delle parole che avevano un senso[15]. L'efod era un indumento sacerdotale che conteneva in una tasca gli oggetti sacri, ad esempio gli urim e i tummim, come deduciamo da Es 28,6 - 30. Secondo la nota della Bibbia di Gerusalemme:[16] “Efod: l'ebraico biblico applica questo nome (dall’etimologia incerta) a tre realtà diverse:1, l'efod strumento divinatorio, che serviva a consultare Jhvh (cfr 1 Sam 2,28ss); 2 l'efod bad, < perizoma di lino>, che portavano i ministri del culto (cfr 1 Sam 2,18ss); 3 l'efod del sommo sacerdote, specie di grembiule sostenuto da una cintura e da bretelle. A questo grembiule è attaccato il < pettorale del giudizio > e il pettorale porta le sorti sacre, Urim e Tummim (cfr Es 30ss; Lv 8,7 - 8; 1Sam 14,41ss.) L'efod del sommo sacerdote è così messo in rapporto con l'efod divinatorio, come il suo nome richiama l'antico vestito dei sacerdoti. Ma questi accostamenti sono artificiali; questa descrizione del vestito del sommo sacerdote vale solo per l'epoca postesilica e l'uso dell'efod divinatorio, con le sorti sacre, non è più attestato dopo Davide (cfr Gdc 8,27ss )”.
La Bibbia ci dice che queste tecniche divinatorie incontrano una crescente opposizione, come si deduce da Osea, che nell'efod e nei terafim denuncia una fonte di corruzione (cfr. Os 3,4). Giosia, con la sua riforma, attacca e condanna la necromanzia, gli indovini, i terafim e tutte le forme di idolatria che erano praticate nel Regno di Giuda e a Gerusalemme che ne era la capitale, come leggiamo in 2 Re 23,34. Notiamo che anche il Deuteronomio condanna in blocco tutte queste tecniche divinatorie e si scaglia in particolar modo contro la necromanzia.
Il messaggio oracolare, si poteva ricevere in trance, tecnica indotta da esperti del tempio del dio di turno, in sogno (di cui diversi esempi ricorrono nella Bibbia), oppure per incubazione, cioè chi doveva ricevere un sogno rivelatore si recava presso il santuario del proprio clan per averlo. Come risulta dall'archivio reale di Mari, gli oracoli furono messi per iscritto subito dopo che essi erano stati pronunciati dai “proclamatori " o "rivelatori " e catalogati in collezioni in base alla divinità che li aveva inviati o dal nome del profeta che li aveva proclamati. Questo metodo assomiglia a quello che in seguito si sarebbe usato in Israele con i suoi profeti canonici. Generalmente quasi tutto il materiale profetico che ci è pervenuto dall'area mesopotamica tratta di affari del re e della corte, della guerra, delle rivolte, delle congiure, dell'opportunità di intraprendere campagne militari contro questo o quello stato, contro questa o quella città. Molti trattano di "maledizioni " contro questo o quel sovrano. Dall'esame dei testi si evince che il contenuto dei messaggi profetici sono prevalentemente di carattere politico, militare e sociale. A volte sono le divinità che si lamentano per qualche dimenticanza fatta nei loro confronti, come apprendiamo da un oracolo pervenutoci dall'archivio reale di Mari, simile a quello che troviamo in 2 Sam 7,8ss, dove il profeta Natan profetizza a Davide il sostegno  che JHWH gli ha dato e gli darà. Confrontiamo i due oracoli:

< Non sono io Adad il Signore di Kallassu che l'ho sollevato tra le mie cosce(*)
         e l'ho ristabilito sul trono della casa di suo padre?Dopo averlo ristabilito sul
         trono della casa di suo padre, gli ho dato ancora un luogo dove abitare. Ora,
          poiché io l'ho ristabilito sul trono della casa di suo padre, dovrò ricevere da
           lui una proprietà ereditaria per un tempio). Se egli non la darà, io sono il
           padrone del trono, del territorio e della città, e ciò che ho dato toglierò. Se,
           invece, soddisferà la mia richiesta, io gli darò trono su trono, casa su casa,
           territorio su territorio, città su città; anche la terra da Est ad Ovest gli darò.>
                                                                                                            (ANET 625)[17]

                           
        < Ora dunque riferirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli Eserciti
       : Io ti presi dai pascoli, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi il capo d'Israele
     mio popolo; sono stato con te dovunque sei andato; anche per il futuro distruggerò
           davanti a te tutti i tuoi nemici e renderò il tuo nome grande come quello dei
      grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo a Israele mio popolo e ve lo pianterò
            perché abiti in casa sua e non sia più agitato e gli iniqui non lo opprimano
       come in passato, al tempo in cui avevo stabilito i Giudici sul mio popolo Israele,
       e gli darò riposo liberandolo da tutti i suoi nemici. Te poi il Signore farà grande,
       poiché una casa farà a te il Signore. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu
  giacerai con i tuoi padri,io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere,
       e renderò stabile il tuo regno.  Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò
        stabile per sempre il trono del suo regno.  Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio.
  Se farà il male, lo castigherò con verga d'uomo e con i colpi che danno i figli d'uomo,
     ma non ritirerò da lui il mio favore, come l'ho ritirato da Saul, che ho rimosso dal
   trono dinanzi a te.  La tua casa e il tuo regno saranno solidi per sempre davanti a me
     e il tuo regno sarà reso stabile per sempre". Natan parlò a Davide con tutte queste
                                parole e secondo questa visione. (2 Sam 7,8ss)
(*) L’espressione “Sollevato tra le mie cosce” si riferisce alla prassi in uso presso i popoli cananei e della Mesopotamia. Secondo il Codice di Hammurabi, quando una schiava partoriva tra le ginocchia della sua padrona, il nato era figlio della padrona. Perciò in questo caso la divinità applica a se stessa questo principio, e si dichiara padre del re. Se guardiamo bene i due oracoli, che sono distanti tra loro quasi sette secoli, ci accorgiamo subito che hanno una grande somiglianza, perciò come già detto, si può dedurre che la profezia in Israele avesse familiarità con quella del vicino Medio Oriente.
La Bibbia ebraica usa diversi termini per indicare quelli che noi chiamiamo profeti. Il più comune è navi, che i LXX tradussero comunemente con prophétes, termine composto dalla radice del verbo greco phemi che significa dire / parlare e dalla preposizione pro che può indicare un concetto di sostituzione, cioè al posto di; o di luogo, cioè davanti a, o anche di tempo, cioè prima che.  Il significato di prophetes è dunque molteplice: è chi parla in anticipo, parla di fronte, parla al posto di qualcuno[18]. Non è colui che pre-dice il futuro, ma chi pro-dice, cioè parla in nome di qualcun altro. Perciò possiamo dire che il profeta biblico è un portavoce. Questo appellativo è stato applicato ai profeti d'Israele in epoca tarda, dopo l'esilio di Babilonia. In ebraico invece navi può significare il chiamato o il messaggero. Poiché lo stesso termine si trova nei testi di Mari per indicare i profeti, la storiografia più moderna è propensa a farlo derivare dall'accadico, la lingua parlata nell'area mesopotamica, e precisamente dalla radice nabu, che significa chiamare, da cui nella forma passiva il significato di chiamato da Dio, perché il profeta era considerato e si considerava persona chiamata o inviata dalla sua divinità[19].
Vediamo un esempio dal testo 26,7 della città di Mari[20]:
Al mio Signore ( = Zimri Lim) annuncia: Così (dice) Tebi-gerisu, tuo servo: Il giorno in cui sono arrivato (dal capo haneo) Asmad, (ho atteso) l'indomani e ho radunato i profeti (nabum) dei Hanei e ho richiesto un oracolo circa il benessere del mio Signore in questi termini: Tornerà il mio Signore sano e salvo in città, dopo aver fatto le sue ablazioni, dal momento che egli si deve trattenere per sette giorni fuori le mura”.
Oltre a navi, la Bibbia attesta diversi altri termini: chozeh = visionario, ro’e = veggente che si riferiscono ad altre qualità che il profeta poteva avere; mal’ak = messaggero, ’ish ha’ elohim = uomo di Dio, ed altri ancora.
I profeti raramente hanno proclamato i loro oracoli con imparzialità, con calma o con distacco. Quasi sempre lo hanno fatto in stato di profonda eccitazione o esaltazione. Lo stesso termine ebraico navi nella Bibbia ebraica non è esente da ambiguità. Viene infatti usato in modo indiscriminato sia quando è riferito sia ai profeti del Signore, sia ai 450 profeti del dio Baal, sia ai profeti della dea Aschera, sia ai falsi profeti. Per la Bibbia il fenomeno della profezia è centrato nella sezione dei quindici libri attribuiti agli stessi profeti, ma pervade tutti i libri.  Il profeta,  è stato sempre un uomo di relazione, perché ha sempre dovuto tenere legati due poli, la fedeltà al suo Dio, che gli consegnava la Parola da dire / proclamare e la solidarietà con il popolo. Per questi motivi il profeta vive il dramma del rifiuto, alle volte è disprezzato (cfr Ez 33,30 – 33), deriso (cfr Ger 217,15; 19), disprezzato e rifiutato (cfr Am 7,10 – 17; Ger 18,18 – 23).[21] Come scrive Ambrogio Spreafico:[22]La parola si radica nella vita del profeta e diviene forza interiore che si espande” e come  leggiamo in Ez 3,1ss, la parola di JHWH è cibo che nutre il profeta, prima di essere proclamata al popolo: “Figlio dell’uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi và e parla alla casa d’Israele”. Sappiamo che i quindici libri attribuiti ai profeti non esauriscono in nessun modo tutto il fenomeno profetico biblico. Da un detto rabbinico si ricava che in Israele ci furono quarantotto profeti e sette profetesse:[23]E il re si tolse l’anello (Est 3,10). Ha detto rabbi Abba bar Kahana: Il rimuovere l’anello fu più grande dei 48 profeti e delle 7 profetesse, i quali profetarono ad Israele e tutti loro non riuscirono a fare ritornare i figli d’Israele sulla giusta via, mentre la rimozione dell’anello (da parte di Assuero) li fece ritornare sulla giusta via”. Come dice Alberto Mello,[24] la vocazione profetica in Israele ha avuto “quattro tipi di esperienza spirituale". Il primo modello vocazionale è quello di ufficiale - soldato, cioè il modello militare: Dio con un comando perentorio “Va" o “Vattene" ordina al profeta quello che deve dire o quello che deve fare (cfr. Am 7,14-15; Gen 12,1). Il secondo modello è quello di padrone - servo, forse il più generalizzato in tutta la Bibbia: è il modello vocazionale che pervade quasi tutti i profeti, da Abramo a Mosè sino Geremia ed Ezechiele. Questo secondo modello non deve far pensare che il profeta agisca passivamente, dal momento che egli ha una grande libertà ed alcune volte ha obbiettato e discusso con il suo Dio (cfr Es 3 - 4). Il terzo modello vocazionale è quello del re - consigliere o amico del re, in cui la libertà del profeta forse è  massima, perché qui Dio non si impone, non dà un ordine perentorio, ma fa richiesta di un volontario, come possiamo leggere in Is.6,8 - 9: “ Poi io udii la voce del Signore che diceva:"Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi:" Eccomi, manda me!".  Egli disse: "Va e riferisci a questo popolo”. In questo terzo schema notiamo che il profeta, il chiamato, ha la massima libertà e sta a lui decidere se farsi avanti o no; qui è Dio che cerca la collaborazione degli uomini. Il quarto modello vocazionale è quello di maestro – discepolo: in questo caso la vocazione passa dal maestro al discepolo, è il maestro che chiama e il discepolo segue il maestro, come vediamo tra Elia ed Eliseo (cfr I Re 19,19 -20 ss). I profeti parlavano ed agivano perché erano dei carismatici, cioè erano investiti dello Spirito di Dio = Ruach Elohim. Nella tradizione ebraica i carismatici in ordine di importanza sono: al primo posto i capi politici e militari, al secondo posto i profeti, al terzo i sapienti e, come fa notare Alberto Mello[25], i sacerdoti non hanno nulla a che fare con lo Spirito di Dio. La tradizione cristiana mette al primo posto gli apostoli, al secondo i profeti e al terzo i dottori o maestri. Un episodio che ci fa comprendere molto bene l’importanza del “carisma” del profeta in rapporto con l’autorità regale è quello che leggiamo in 2 Sam 12,1ss, dove il profeta Natan accusa il suo re Davide di essere un omicida, e Davide, pentito, riconosce la sua colpa. Scrive in proposito Paolo De Benedetti[26]: “ A noi, dopo tremila anni continui e non finiti di culto della personalità regale e sacerdotale, il gesto di Natan (come quello di Giona) può ancora insegnare molto: per esempio che il carisma non ha destinatari permessi (come la plebs cristiana o il “mondo”) e altri vietati (come le “autorità”); e che la disponibilità da parte di <chi sta sopra> ad  ascoltare l’accusa dei profeti è inversa al suo grado di divinizzazione, sicché il rapporto tra carisma e gerarchia è sempre possibile, anche nelle sue forme più acute, quando non si sacralizzi la funzione del potere, quando cioè non si compia quella sintesi di hieros e di arché di cui si compone, infelicemente, la parola <gerarchia>”. Il carisma non era permanente, era provvisorio e improvviso: nella Bibbia leggiamo che lo Spirito di Dio sopravviene, che investe dall'alto, che invade, che viene su, che irrompe. Chi è investito dallo Spirito di Dio subisce una trasformazione spirituale, acquistando una forza soprannaturale. Nel periodo dei profeti classici, da Geremia in avanti non troviamo più l’espressione “e irruppe lo Spirito su”, ma “e venne la Parola del Signore a...”[27].
Amos ed Osea, due fra i più antichi profeti del canone, vissuti tra l'VIII e il VII secolo a.e.v., ci dicono che conobbero alcuni dei loro predecessori e che si collocarono entro quella tradizione profetica (cfr Am 2,11 - 12): “Ho fatto sorgere profeti tra i vostri figli e nazirei[28] fra i vostri giovani. Non è forse così, o Israeliti?. Oracolo del Signore. Ma voi avete fatto bere vino ai nazirei e ai profeti avete ordinato: Non profetate!” (Am 2,11 – 12);  “Eppure io sono il Signore tuo Dio fin dal paese d'Egitto. Ti farò ancora abitare sotto le tende come ai giorni del convegno.  Io parlerò ai profeti, moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con parabole.  Se Gàlaad è una colpa, essi non sono che menzogna; in Gàlgala si sacrifica ai tori, perciò i loro altari saranno come mucchi di pietre nei solchi dei campi.” (Os 12,10 – 13).
I profeti del canone quasi tutti rifiutarono il termine di navi, anzi ne parlarono quasi sempre con disprezzo. Amos sembra quasi rinnegarlo: “Amos rispose ad Amasia: "Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e raccoglitore di sicomori” (Am 7,14). In Israele la profezia era una istituzione praticata sia presso il tempio sia a corte. Il Profeta è colui che intercede per qualcuno, sia esso il suo re o il popolo, e questo si deduce sin dalle prime pagine della Bibbia. La prima volta che compare il termine navi è in Genesi 20,7, ed è Dio a pronunciarlo: “Ora restituisci la donna di quest'uomo: egli è un profeta: preghi egli per te e tu vivrai”. E' Dio che si rivolge in sogno al re di Gerar, Abimelech, suggerendogli di restituire Sara ad Abramo se vuole salva la vita, e assicurandogli che il profeta Abramo pregherà per lui. Il testo ci dice poi che grazie a quelle preghiere il re guarì, e le donne della sua casa ritornarono fertili. Il profeta nella Bibbia sarà poi sempre, un intercessore, a partire da Mosè sino alla fine del fenomeno profetico. Come abbiamo visto, i redattori finali hanno fatto risalire la linea dei profeti sin dall'inizio, cioè a partire da Abramo, per dimostrare quanto la profezia sia stata essenziale ed abbia accompagnato tutta la Storia della Salvezza. Per trovare il termine navi - profeta riferito a Mosè dobbiamo leggere un passo dell'Esodo: “Questo avvenne quando il Signore parlò a Mosè nel paese d'Egitto: Il Signore disse a Mosè:" Io sono il Signore ! Riferisci al faraone, re d'Egitto, quanto io dico", Mosè disse alla presenza del Signore:"Ecco ho la parola impacciata e come il faraone vorrà ascoltarmi?".  Il Signore disse a Mosè:"Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio per il faraone: Aronne, tuo fratello,sarà tuo profeta” (Es 6,28 - 30 / 7,1ss). Come si deduce dal testo, è Dio stesso a risolvere il problema avanzato da Mosè riguardo alla sua balbuzie, nominando Aronne profeta e Mosè a fare le veci di Dio. Dal passo si deduce pure che al profeta è riconosciuta la capacità di formulare ed enunciare un discorso, che deve essere compreso da tutti. Egli deve tradurre i contenuti del messaggio di Dio e renderli in un linguaggio chiaro e convincente. Come scrive Abram J. Heschel:[29]I profeti non avevano né teorie né <idee> di Dio. Ciò che avevano era una comprensione. La loro comprensione di Dio non era il risultato di uno studio teorico, di un andare a tentoni tra alternative sull'esistenza e gli attributi di Dio. Per i profeti Dio era reale in maniera travolgente e la sua presenza era schiacciante. Non parlarono mai di lui con distacco. Vissero come testimoni, colpiti dalle parole di Dio, più che come investigatori impegnati ad accertare la natura di Dio; i loro discorsi costituivano una liberazione da un peso più che barlumi percepiti nella nebbia dell'incertezza. […..] Essi non offrirono un'interpretazione della natura di Dio, bensì un'interpretazione della presenza di Dio nell'uomo, della sua sollecitudine per l'uomo. Essi svelarono atteggiamenti di Dio più che idee su Dio”. Nel testo della Bibbia ebraica, quasi sempre nei profeti o letteratura profetica, troviamo citato per quaranta volte l'avverbio ulaj = forse, quasi assente nei LXX, che tradussero perifrasticamente con la congiunzione  affinché. Come dice Alberto Mello[30],  ulaj = forse, è la parola più importante di tutto il linguaggio profetico, perché il forse dei profeti sta ad indicare una ignoranza, e equivale a un chissà? In effetti essi non erano  indovini, ma esortavano soltanto a compiere il volere di Dio nel loro presente, senza aspettare di vedere gli esiti futuri, anche con una punta di incertezza.
Nella tradizione Ebraica la funzione dei profeti fu quella di colmare la distanza dalla Rivelazione del Sinai all'affermarsi del Giudaismo Rabbinico. Essi furono cioè i custodi della Torà come si deduce dal trattato dei Pirke Avot (I detti dei Padri):[31] “Mosè ricevette la Torà dal Sinai e la trasmise a Giosuè, Giosuè agli anziani, gli anziani ai profeti, e i profeti la trasmisero agli uomini della grande assemblea. Questi dicevano tre cose: Siate misurati nel giudicare, suscitate molti discepoli e fate una siepe attorno alla Torà”.
I Profeti d'Israele si sono distinti dai loro colleghi del vicino Medio Oriente per la loro indipendenza. Poiché essi annunciavano la Parola di Dio non scesero mai a compromessi, ed erano svincolati dal potere, sia della corte sia del tempio.Vediamo un esempio di indipendenza dal potere e di asservimento ad esso. Leggiamo nel libro dei Re, 1Re22,5ss: 
“ Giòsafat disse al re di Israele: <Consulta oggi stesso la parola del Signore>  Il re di Israele radunò i profeti, in numero di circa quattrocento, e domandò loro:<Devo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure devo rinunziarvi?>. Risposero: <Attacca; il Signore la metterà nelle mani del re>. Giòsafat disse: <Non c'è più nessuno altro profeta del Signore da consultare?>.  Il re di Israele rispose a Giòsafat: <Ci sarebbe ancora un uomo, attraverso il quale si potrebbe consultare il Signore, ma io lo detesto perché non mi predice altro che male, mai qualcosa di buono. Si tratta di Michea, figlio di Imla>, Giòsafat disse:<Il re non parli così!>. Il re di Israele, chiamato un eunuco, gli ordinò: <Convoca subito Michea, figlio di Imla> [……..] Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: <Ecco le parole dei profeti.  Sono concordi nel predire il successo del re; ora la tua parola sia identica alla loro; preannunzia il successo>.  Michea rispose< Per la vita del Signore, comunicherò quanto il Signore mi dirà>. Si presentò al re che gli  domandò: <Michea, dobbiamo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure dobbiamo rinunciarvi?>. Gli rispose :<Attacca, vi riuscirai; il Signore la metterà nelle mani del re.> Il re gli disse: <Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome del Signore?> Quegli disse: <Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore senza pastore. Il Signore dice:Non hanno padroni; ognuno torni a casa in pace>”. Come dice Paolo De Benedetti[32]: “E’ questa una delle tante pagine bibliche in cui appare un conflitto tra veri e falsi profeti: gli uni, di solito, avversati dal sovrano, gli altri graditi e favoriti. La storia di Elia ne è il caso più noto, e non per nulla coinvolge lo stesso re Achab; altrettanto nota è la vicenda di Geremia”. Quanto abbiamo letto ci fa capire che il profeta, che parla per bocca di Dio, si può permettere un'autonomia dal potere ed acquisisce uno status sacrale agli occhi del popolo, per cui il suo sostentamento non dipende dai poteri costituiti, ma dal popolo, come è avvenuto per quasi tutti i profeti della Bibbia. E’ per questo che essi, di volta in volta, hanno potuto essere i fustigatori del re, del popolo, o della classe sacerdotale. Ora tratteremo i profeti dell'Antico Testamento.
La profezia in Israele
La Bibbia Ebraica ci presenta  i profeti anteriori, attestati dalla fondazione dello Stato e durano sino alla fine dell'VIII secolo; i profeti posteriori, dall’VIII secolo e terminano nel 587/86 - 539 e i  profeti minori, che datano dalla fine dell'esilio sino all'esaurimento del fenomeno profetico, cioè attorno al III secolo a.e.v. Dal III secolo a.e.v. sino alle distruzioni di Gerusalemme del 70 e del 134 e.v., si conoscono una serie di  movimenti indicati generalmente come apocalittici, movimenti che hanno molto in comune con la profezia, ma se ne distaccano in modo consistente. Il Cristianesimo, sin dall’inizio ha riconosciuto come propri i profeti dell’Antico Testamento, e non ha avuto suoi profeti, perché, come si evince dalle lettere di Paolo o da alcuni passi degli Atti degli Apostoli, sin dall’inizio nella Chiesa Primitiva, tutti i battezzati in Cristo erano considerati profeti: “Ricercate la carità. Aspirate pure ai doni dello Spirito, soprattutto alla profezia. Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto” (1Cor 14,1ss); “I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia: tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ed essere esortati. Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace.”(1Cor 1429ss); “Accadde invece quello che predisse il profeta Gioele: Negli ultimi giorni, dice il Signore. Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sei sogni [….] in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno” (Att 2,16ss). Il Concilio Vaticano II in epoca moderna ha sancito con la Lumen Gentium al paragrafo 31, che tutti i battezzati in Cristo sono profeti, e lo testimoniano con la fede e la carità per mezzo dello Spirito Santo: “Col nome di laici si intende qui l'insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano”. Dal Medio Evo in poi, la comparsa di profeti nel cristianesimo ha sempre segnato l’inizio di movimenti ereticali. La predicazione di alcuni di loro ha dato vita al “mormonismo[33], all’avventismo[34]  e al kimbanguismo.[35] Il Canone Cattolico presenta i profeti dell'A.T. suddivisi in  maggiori e  minori. Gli studi più recenti seguono un'altra classificazione, di carattere storico - letterario, che suddivide i profeti in  profeti preclassici o profezia orale, cioè quei profeti dei cui scritti non ci è giunta nessuna testimonianza, e in profeti classici  o  profezia scritta, cioè quei profeti di cui ci sono giunti i testi, suddivisione condivisa pienamente dal sottoscritto.
Profeti preclassici sono coloro che hanno svolto la loro missione prima dell'istituzione della monarchia e nelle prime fasi della monarchia stessa, cioè dall’ XI al IX secolo a.e.v.. Da parte loro non  ci è pervenuto nessun testo scritto. Ne siamo informati da 1 - 2 Sam e da 1 - 2 Re. La profezia vera e propria in Israele inizia con  Samuele, personaggio importantissimo perché ha svolto una triplice funzione: è stato Giudice di Israele (cfr 1 Sam 7,6); Sacerdote, (cfr 1 Sam 7,10 - 13), ed infine Profeta (cfr 1Sam 3,19 -21). Samuele all'inizio si oppose con tutte le sue forze all'istituzione della monarchia (cfr 1Sam 8-12).
All’avvento dei Re sono legati i cosiddetti  profeti di corte:
Gad,  profeta di Davide (1Sam 22,5;2 Sam 24,11);
Natan,  profeta di Davide (2 Sam 7,2 - 12,1 - 1Re 1,11ss);
Achia, profeta sotto Geroboano  (1 Re 11,29ss - 14,2ss);
Ieu, sotto Basa (1 Re 16,7);
Elia ed Eliseo, sotto Acab ed i suoi successori, (1 Re 13 ss);
Giona, sotto Geroboano II (2 Re 14,25 );
Culda la profetessa, sotto Giosia (2 Re 22,14 ss);
Uria, sotto Ioiakim (Ger 26,20);
Semaia, sotto Roboamo (2Cr 12,15 - 13,22);
Azaria, sotto Asa (2 Cr 15,1 ss);
Oded, sotto Acaz (2 Cr28,9 ss).
Molti sono stati consiglieri del loro re, ma, nonostante ciò, sono stati molto critici sulle sue scelte sia in campo sociale e politico che religioso, ed hanno dimostrato la loro indipendenza, denunciandone i  peccati e le azioni sbagliate compiute contro la volontà di Dio.  Si sono scagliati con veemenza contro la pratica dell'idolatria ed hanno difeso l'unicità di JHWH.
Profeti classici sono quei profeti che hanno svolto la loro missione dal VII al III secolo a.e.v.. Essi hanno parlarono in nome di Dio e messo per iscritto i loro oracoli, per questo vengono chiamati  profeti scrittori. In base al periodo della loro professione, si suddividono a loro volta in:
pre-esilici (dal 760 al 587 a.e.v.);
esilici (dalla prima deportazione del 597 al 538);
post-esilici (dal 538 al III secolo a.e.v.).
I profeti pre - esilici operarono sia nel regno di Israele sia nel regno di Giuda. Questo è il periodo in cui avvengono dei grandi mutamenti. Israele, da popolo nomade del deserto, si trasforma in seminomade. Da popolo dedito alla pastorizia, si dedica allo sviluppo dell'agricoltura e del commercio, con conseguente urbanizzazione, costituzione delle classi sociali e suddivisione in ricchi e poveri. In ambito politico, avviene il passaggio dal governo dei Giudici (che governavano le dodici tribù con una sorta di governo arcaico e soggetto ai poteri dei clan), all'istituzione del potere centralizzato nella figura del re e  della corte. Intanto i due regni vivono la politica internazionale del tempo, dipendendo di volta in volta dalla forza degli imperi vicini, assiro prima, babilonese dopo, persiano, e spesso da quello egiziano. Nel campo religioso, Israele si deve difendere dall'idolatria, dal culto delle divinità limitrofe ed in particolar modo da Baal, il dio cananeo. Si è già  molto lontani  dall'esperienza salvifica  dell'Esodo  e dalla  Rivelazione del Sinai, dall'esperienza di un Popolo che camminava alla presenza del proprio Dio. La costruzione del Tempio aveva reso il culto a Dio simile a quello degli altri popoli, facendo diventare  JHWH un Dio atemporale chiuso nel suo sacello, e non il Dio della Storia, che si muove con il suo Popolo. A questi problemi i profeti pre-esilici tentano di dare delle risposte, ponendo attenzione ai diversi fattori. Così noi  troviamo nel Regno del Nord, Amos (760 - 750 a.e.v.) e Osea (750 - 725 a.e.v.), che fustigano e invitano sia il re sia il popolo a far ritorno al loro Dio ed abbandonare il culto delle divinità cananee. Nel Regno del Sud, troviamo Isaia (740 - 701 a.e.v.), che denuncia gli abusi del potere e la scarsa fede del re, e Michea (730 - 680 a.e.v.), che annuncia un tremendo castigo per coloro che praticano l'idolatria e che calpestano i diritti dei più deboli. Ci saranno in seguito Sofonia (660 - 630 a.e.v.), Naum (630 - 612 a.e.v.) e Abacuc (612 - 598 a.e.v.), che si troveranno a gestire forse la fase più travagliata del regno, sia dal punto di vista  religioso, che politico e sociale. Geremia (627 - 585 a.e.v.) svolgerà la sua missione nel periodo più tremendo per il Regno del Sud, quello della diaspora  a Babilonia.
I profeti esilici operarono durante il periodo della cattività babilonese. In esilio erano state tradotte soprattutto le autorità e le personalità più influenti di Gerusalemme. Gli Ebrei in esilio corsero il gravissimo problema dell'assimilazione: adottarono il calendario babilonese; assunsero nomi babilonesi, e la lontananza da Gerusalemme e la distruzione del tempio misero in crisi tutto l'impianto religioso, che ad esso faceva riferimento. A questo declino che sembrava senza ritorno pose fine la presenza dei profeti e  l'avvento della nuova classe dei  Dottori della Legge, quelli che sarebbero stati i futuri Rabbini. Durante questo periodo operarono Ezechiele (593 - 587 a.e.v.) e  il Deuteroisaia (555 - 539 a.e.v.).
I profeti post - esilici operarono dopo il ritorno in patria avvenuto per opera di Ciro. Gli esiliati, rientrati a Gerusalemme, si trovarono ad affrontare moltissime difficoltà, sia di carattere religioso sia sociale (cfr Ne 5). Dovettero fronteggiare la ripresa dell'idolatria (cfr Is 57 - 65) e confrontarsi con  altri gruppi etnici (cfr Esd 9 - 10). Fu molto forte il  contrasto con quelli che non erano stati in esilio, nonché con la comunità dei Samaritani (cfr Esd 4 - Ne 2,4 -6 ). Questo è il periodo durante il quale il movimento profetico perde progressivamente d’importanza, fino ad esaurirsi. La predicazione profetica è quasi tutta volta a far comprendere il ruolo e la centralità del tempio, difatti questo periodo è denominato della  profezia del tempio, come riscontriamo in Aggeo, Zaccaria e Malachia. Dal III secolo a.e.v. assistiamo all'affermarsi  della profezia escatologica, che annuncerà l'avvento della  profezia apocalittica. I profeti di questo periodo furono: Aggeo (520 - 519 a.e.v.); Zaccaria (520 - 518 a, e.v.); Abdia (510 circa); Gioele (V- III secolo); Malachia (520 - 400); Giona (V - IV secolo).
Concludendo, possiamo affermare, che la profezia in Israele ha rivestito un’importanza socio-religiosa superiore che nelle civiltà limitrofe, innanzi tutto per la massa di materiale prodotto, e per l’importanza teologica che il messaggio profetico ha rivestito per tutta la Bibbia. D’altro canto -  come scrive Joseph Blenkinsopp:[36] nessun altro testo della Scrittura più di questi ci mette così direttamente a confronto con la realtà di Dio, o ci costringe così inevitabilmente a mettere in questione le percezioni mondane e anche religiose che tendono a controllare le nostre vite”.

BIBLIOGRAFIA:
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Romeo Cavedo, Profeti, storia e teologia del profetismo nell’Antico Testamento, San Paolo, Cinisello  Balsamo (MI) 1995.


                                                                         



[1] Joseph Blenkinsopp, Storia della profezia in Israele, Queriniana, Brescia, 1997, p, 16.
[2] Cristiano Grottanelli, Profeti biblici, Morcelliana, Brescia 2003, pp, 37, 48.
[3] Luigi Cagni, Le profezie di Mari, Paideia Editrice, Brescia, 1995, p, 17, 18.
[4] Il Corano (traduzione di Alessandro Bausani), Sansoni, Firenze, 1978, Sura  XXXIII,7, P, 306.
[5] Il Corano (traduzione di Alessandro Bausani), op, cit, Sura XXXIII,40, p, 309, 310.
[6] www.islam-guide.com. (Profezie bibliche sull'avvento di Mohammed  il profeta dell'Islam).
[7] Luigi Cagni, Le profezie di Mari, op. cit, p, 31.
[8] Oniromanzia: viene dal greco e significa letteralmente divinazione del sogno.
[9] Necromanzia: viene  dai vocaboli  greci che significano morto e predizione. Arte divinatoria che comprende diverse pratiche occulte di magia, prima fra tutte l'evocazione degli spiriti e delle anime di persone morte
[10] Julia e Derek Parker, Il libro completo dei sogni, Gremese Editore Srl, Roma 1996, p, 11.
[11] Tiresia è una figura della mitologia greca. Il celebre indovino era figlio di Evero, della stirpe degli Sparti, e della ninfa Cariclo. Tiresia ebbe una figlia,Manto, anche lei indovina. WikipediA.
[12] Luigi Cagni, Le profezie di Mari, op, cit, p, 24.
[13] Luigi Cagni, Le profezie di Mari, op, cit, p, 22.
[14] Luigi Cagni, Le profezie di Mari, op, cit, p, 25.
[15] Gianni Cappelletto – Marcello Milani, In ascolto dei Profeti e dei Sapienti. Introduzione all’Antico Testamento – II, Edizioni Messaggero, Padova, 2001, p, 17. 
[16] Aa:Vv, La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna, 2005, p, 182.
[17] J.B. Pritchard,  Ancient Near Eastern Texts, Relating to Old Testament, Princeton, 1969.
[18] Gianni Cappelletto – Marcello Milani, In ascolto dei Profeti e dei Sapienti. Introduzione all’Antico Testamento II, op, cit, p, 21.
[19] Gianni Cappelletto – Marcello Milani, In ascolto dei Profeti e dei Sapienti. Introduzione all’Antico Testamento, op, cit, p, 21.
[20] Luigi Cagni, Profezie di Mari, Paideia, Brescia, 1985, p, 81.
[21] Gianni Cappelletto – Marcello Milani, In ascolto dei Profeti e dei Sapienti, op, cit, , 2001, pp, 24,25.
[22] Ambrogio Spreafico, La voce di Dio, EDB, Bologna, 1998, p, 5.
[23] bMeghillàh 14°.
[24] Alberto Mello, La passione dei profeti, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (BI), 2000, p, 103,116.
[25] Alberto Mello, La passione dei profeti, op.cit, p, 51.
[26] Paolo De Benedetti, La morte di Mosè e altri esempi, Morcelliana, Brescia 2005, p, 74.
[27] Alberto Mello, La passione dei profeti, op, cit, pp, 54,55
[28] Nazireo viene dall'ebraico nazir , consacrato, secondo una prassi codificata in Num 6,1 - 21, colui o colei che ha fatto un particolare voto di consacrazione al Signore (nazireato), impegnandosi per un periodo determinato o per tutta la vita ad astenersi dalle bevande alcoliche e dall'uva, dal tagliarsi i capelli e dal contatto fisico con i cadaveri. I più famosi sono Sansone e Samuele. E' possibile che avessero fatto questo voto Giovanni il Battista (Lc 1,15) e Paolo (At 18,18). Il termine non va confuso con nazareno o nazareo, abitante di Nazaret. Aa.Vv, Vademecum per il lettore della Bibbia, op, cit, p, 52.
[29]   Abram J. Heschel , Il Messaggio dei Profeti, Borla, Roma 1993, pp, 5,6.
[30] Alberto Mello, La passione dei profeti, op, cit, p, 15,18.
[31] Alberto Mello, (traduzione), Detti di Rabbini, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose,1993, p, 49.
[32] Paolo De Benedetti, La chiamata di Samuele e altre letture bibliche, Morcelliana, Brescia 1976, p, 48.
[33] Mormonismo è una confessione religiosa cristiana che si rifà all'operato di Joseph Smith. La componente maggioritaria è la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni  Il termine mormonismo (e derivati: il sostantivo e aggettivo mormone derivano da Mormon, nome del profeta a cui viene attribuito il Libro di Mormon, testo che Joseph Smith  pubblicò nel marzo del 1830  dichiarando di averlo tradotto in inglese  da una antica e sconosciuta lingua. WikipediA.
[34] Avventiamo, con il termine avventismo si identificano  un insieme di Chiese e gruppi religiosi che si rifanno ad un filone specifico del mondo protestante, la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno si pone come esponente di spicco, ma non l'unico, all'interno del «protestantesimo avventista». Uno dei principali esponenti delle origini dell'avventismo contemporaneo è certamente William Miller. WikipediA.
[35] Kimbanguismo o Chiesa di Gesù Cristo sulla terra secondo il profeta Simon Kimbangu (E.J.C.S.K.) è una Chiesa cristiana nata in Congo, dove fu fondata dal profeta Simon Kimbangu (1889 – 1951). Il kimbanguismo, con i suoi 17 milioni di fedeli, è uno dei più importanti fra i 6000 movimenti afrocristiani ed è, dal 1969, membro del Consiglio Ecumenico delle Chiese. WikipediA.
[36] Joseph Blenkinsopp, Storia della profezia in Israele, op, cit, p, 12.